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I bolli che hanno attirato la nostra attenzione sono due marchi identici (quindi attribuibili ad una stessa ‘azienda’) che recano l’iscrizione “M(arci) Arri” (di Marcus Arrius).

Laterizi con il ‘marchio’ di personaggi di questa famiglia sono stati rinvenuti in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna a Creta, dalla Gallia all’Africa… e molti sono stati rinvenuti anche a Pompei, in opere pubbliche. Insomma, si trattava di una famiglia potente e benestante, con possedimenti ed interessi commerciali in tutto il mondo romano e i cui membri ricoprirono anche cariche pubbliche.

A Minturnae in particolare la gens Arria è presente in ben tre iscrizioni, databili alla prima metà del I sec. a.C., attraverso i nomi di un liberto (C. Arrius Apelle), una liberta (Arria Ge) e uno schiavo (Chillus), tutti di C(aius) Arrius.

La tradizione di famiglia continua anche in età imperiale: ad Ostia, a Roma, a Ravenna, Bononia, Urbino, Pesaro, insomma in tutta l’Italia centro-settentrionale, troviamo bolli Ex figlinis Arriae Fadillae. Una imprenditrice, quindi, che nel 115 d. C. eredita dalla madre Plozia Servilia Isaurica le officine Caepionianae (nel territorio di Ameria, l’attuale Amelia in Umbria) e che passerà poi alla storia come madre dell’imperatore Antonino Pio!

iscrizione in cui a riga due leggiamo: C(aius) Arrius C(ai) l(ibertus) Apel(la) all’ultima riga (fuori riquadro) la coppia consolare che ci indica l’anno: L(ucio) Manlio L(ucio) Aurelio [co(n)s(ulibus)], cioè “l’anno del consolato di Lucius Manlius Torquatus e Lucius Aurelius Cotta” (il 65 a.C.)

iscrizione in cui è ricordata, alla terzultima riga, Arria C(ai) l(iberta) Ge

iscrizione in cui si legge, a riga sei, Chillus Arri C(ai) s(ervus)